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Sarà S. E. il vescovo della diocesi di Ariano – Lacedonia, mons. Sergio Melillo, a riportare la statua di Gesù Bambino alla quale si rivolse il giovanissimo san Gerardo, quand’era al servizio nell’episcopio lacedoniese, per recuperare la chiave dell’appartamento episcopale che gli era caduta nel pozzo.
Lo storico rientro di una preziosissima reliquia che si credeva perduta è previsto intorno alle 17,30 di domani, 7 aprile 2021, all’ingresso della Cattedrale, presso il quale il vescovo consegnerà metaforicamente nelle mani della popolazione di Lacedonia il “Bambinello” consegnandolo al parroco don Giuseppe Kizhakel.
Devo veramente elogiare la vicinanza e l’attenzione che mons. Melillo non perde occasione di dimostrare, perché il ritorno del Gesù Bambino di san Gerardo è solo l’ultima delle risoluzioni prese a nostro favore. Non tutti sanno, infatti, che di recente egli ha fatto restaurare il Trittico di Andrea Sabatini da Salerno della fine del Quattrocento, operazione che era estremamente necessaria perché esso si andava deteriorando irrimediabilmente. Naturalmente ciò si rende possibile grazie alla presenza in loco di un sacerdote come don Giuseppe che, oltre ad esercitare con passione e amore cristiano il suo mandato pastorale, si è dimostrato essere anche una inesauribile fonte di iniziative che stanno veramente cambiando il volto dei luoghi di culto e di cultura dei quali Lacedonia è letteralmente costellata. Oltre alla cattedrale e alle migliorie apportate a Santa Maria, egli ha risolto gli atavici problemi di decadenza della chiesa di san Filippo e di quella dei Beati Morti.
Vero è che, avendo trovato una sponda validissima e di grandissima competenza nel responsabile dei beni culturali della diocesi don Luigi De Paola, le operazioni finalmente si intraprendono e si portano a termine.
La statua del Gesù Bambino di san Gerardo troverà la sua collocazione perpetua, di fronte alla reliquia ossea del Santo, in una nicchia fatta scavare appositamente nel vano dell’antico passaggio dalla cattedrale al “Pozzo del Miracolo”, riaperto nelle scorse settimane con il contributo devozionale del dott. Antonio Pio.
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Da molti decenni nessuno aveva più avuto la possibilità di vedere la statua di Gesù Bambino alla quale san Gerardo Maiella chiese, con un largo sorriso e sconfinata fede, di recuperare la chiave dell’appartamento vescovile che gli era caduta nel pozzo. Si pensava che fosse andata perduta, perché le generazioni attuali non ne conservano memoria visiva, e taluno avanzava l’ipotesi che magari avesse trovato la sua fine tra le macerie del violentissimo sisma del 1930. Fortunatamente, però, era stata messa in salvo e tenuta in custodia nell’episcopio di Ariano Irpino con il proposito di riportarla “a casa”, ovvero a Lacedonia, non appena si fosse presentata l’occasione propizia.
Domenica scorsa la notizia del rientro è stata ufficializzata dal parroco, don Giuseppe Kizhakel, a margine della Celebrazione Eucaristica. Merito della estrema sensibilità del vescovo, S. E. Sergio Melillo, il quale non perde occasione alcuna per manifestare vicinanza e grandissimo affetto per la comunità di Lacedonia, e merito di don Giuseppe, che persegue gli obiettivi che si prefigge con grande tenacia, essendo diventato promotore instancabile di un recupero complessivo del patrimonio culturale ecclesiastico, a cominciare dai luoghi di culto. Va qui ricordata la lungimiranza del responsabile dei beni culturali diocesani, don Luigi De Paola.
La preziosissima reliquia troverà collocazione in una nicchia appositamente ricavata nel muro dell’antico passaggio tra la cattedrale e il pozzo, riaperto di recente grazie alla generosità del dott. Antonio Pio, a devozione di san Gerardo e in suffragio dei suoi compianti genitori. In altra nicchia, di fronte, troverà sede un altro prodigioso vestigio del Santo, ovvero un suo frammento osseo.
Si va ricomponendo il mosaico dell’epifania esistenziale di san Gerardo Maiella a Lacedonia, con tutti i pezzi al loro posto, così come ricostruito in due libri redatti da Anna Maria Pagliuca: Il Pozzo di Gerardiello e Il ritorno di Gerardiello.
Non mancheremo di comunicare la data dell’evento non appena sarà ufficializzata.
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La comunicazione politica di sei leader nel periodo che va dalla dichiarazione dello stato d’emergenza (31 gennaio 2020) alla fine del lockdown (4 maggio 2020).
È il tema su cui si sviluppa «Virus, comunicazione e politica», il libro di Domenico Bonaventura appena uscito per Aracne Editrice (2021, 176 pp, € 13) e disponibile sul sito della Casa e sulle maggiori piattaforme di vendita di libri online (Amazon,Libreria Universitaria, Libro Co, Ippogrifo, Goodbook).
L’autore, giornalista e consulente per la comunicazione politico-elettorale, analizza questi 93 giorni scegliendo di mettere sotto i riflettori sei leader politici: Conte, Renzi, Salvini, De Luca, Berlusconi, Meloni. Ne viviseziona le strategie e le tecniche di comunicazione, l’utilizzo più o meno accelerato dei social, le uscite sulla stampa, le ospitate in tv, la narrazione scelta per arrivare ai cittadini. E i risultati che ottengono in termini di consenso personale e di consenso al partito.
Quello considerato è un periodo che stravolge la vita del mondo, ed è chiaro che anche il modo di comunicare la politica ne esca completamente cambiato. Il popolo si stringe intorno alle istituzioni e a volte è l’istituzione che si fa politica, come nel caso del presidente del Consiglio, incalzato (già allora) da un Renzi che le prova tutte per cercare di distinguersi dalla sua stessa maggioranza. Se un leader come Salvini risente grandemente del cambio di agenda e della necessità di modificare l’approccio col suo popol, conquista invece la ribalta nazionale Vincenzo De Luca, che fa della durezza di azione e di linguaggio la propria cifra comunicativa. Accanto a loro, Silvio Berlusconi sceglie ostentatamente la strada della responsabilità e della collaborazione istituzionale, mentre Giorgia Meloni mette sul tavolo una strategia che sembra pagare.
Avvalendosi dei contributi di Francesco Di Costanzo (presidente di PA Social), Livio Gigliuto (vicepresidente di Istituto Piepoli) e Michele Zizza (Phd in Strategic Communication – Coris La Sapienza), di un’intervista ad Alessio Postiglione (portavoce del sottosegretario al Mibact) e dei dati di Data Media Hub, l’autore scatta un’istantanea dei mutamenti che il mondo della comunicazione politica conosce in 93 giorni di passione.
Un’analisi approfondita delle tecniche con cui la politica comunica sé stessa nel periodo del lockdown, con un accento sui social: determinanti più che mai nel consentire un rapporto tra leader e seguaci (il caso Conte è emblematico), portano però anche a un divaricamento ulteriore del fenomeno della disintermediazione.
Un fermo immagine di un momento storico, insomma, che segnerà l’avvenire. Della politica e della comunicazione che la racconta.
BIOGRAFIA
Domenico Bonaventura (Avellino, 1984), giornalista e comunicatore. Vive e lavora tra Lacedonia, in Alta Irpinia, dov’è cresciuto, e Roma. Italiano e meridionale fiero e critico, con una passione rovente per il calcio, la politica e le parole. Ha collaborato per nove anni con «Il Mattino» di Napoli. Scrive per diverse testate (Restoalsud.it, Eurocomunicazione.com). Cura un blog su «Il Riformista» ed è fondatore di Velocitamedia.it. Ha lavorato come consulente per la comunicazione per istituzioni, manifestazioni culturali, enti museali e campagne elettorali. Nel 2013 ha pubblicato “Parole e crisi politica” (Ilmioloibro.it).
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